John Fogerty: il report del live (sotto la pioggia) a Milano
Ha
invocato la pioggia di Woodstock e alla fine è arrivata. È figlio di quella
generazione imbattibile, quella che ti fa dire “Ma come fa?”, suona con la
facilità di chi non ha mai fatto altro ed è capace di far divertire chiunque
8 luglio
2014
John Fogerty, foto Getty Images
Di Michele
Primi
Ha invocato la pioggia di Woodstock e
alla fine è arrivata. John Fogerty, 69 anni portati con grinta, capello tinto,
voce intatta e camicia di flanella blu (in vendita nel merchandising), una
raffica di chitarre Gibson, Fender e Ibanez con il volume alzato al massimo a
tagliare assoli e una band di ragazzini (tra cui suo figlio Shane) che hanno
imparato a suonare le canzoni dei Creedence Clearwater Revival prima di imparare
a scrivere, ha rovesciato su Milano mezzo secolo di storia della musica
popolare americana. Born on the Bayou, nato sul Bayou, il marchio di
fabbrica delle paludi del Sud, tra Mississippi e Alabama, dove in realtà John
non è nato, ma dove da sempre va a cercare le sue radici.
Come nel video di Mystic Highway
dall’ultimo album del 2013 Wrote a Song for Everyone: lui a bordo di una
Dodge rossa scassata in giro sulle strade dell’America profonda, tra boschi e
pascoli, in mezzo ad altra gente vestita con la camicia di flanella come lui.
John Fogerty in realtà è nato a Berkeley, è cresciuto nella San Francisco degli
hippy e ha formato il suo spirito ribelle scappando dalla guerra in Vietnam,
che lo ha lasciato vivo e con addosso solo la ferita della perdita di molti
amici ed una canzone, Fortunate Son. Creedence era il suo compagno di
scuola Creedence Newball, Clearwater la pubblicità di una birra, Revival
tutto quello che aveva e che ha ancora da dire.
John Fogerty è figlio di quella generazione
imbattibile, quella che ti fa dire “Ma come fa?”, suona con la facilità di chi
non ha mai fatto altro ed è capace di far divertire chiunque, sia che si trovi
davanti un raduno di cowboy del Texas che il pubblico inzuppato dell’Ippodromo
di Milano. «Grazie per essere rimasti sotto la pioggia» dice dal palco. Non è
mai stato qui, ma non importa. Come ha fatto il suo allievo prediletto Bruce
Springsteen anni fa a San Siro sotto al diluvio (quando cambiò la scaletta per
fare Who Will Stop the Rain dei Creedence), John ringrazia suonando
ancora più forte: la pioggia comincia con Have You Ever Seen the Rain?,
lui ha già fatto i classici Suzie Q, Green River e I Heard it
Through the Grapevine e spara a raffica Down on the Corner, Up
Around the Bend, Bad Moon Rising e Proud Mary, e poi se ne
va. Senza aggiungere altro, perché di fronte alla storia non ce n’è bisogno.
La storia, in Italia, continua con il cantautore
bolognese Mimmo Parisi. Per l’autunno, oltre alle gocce di pioggia per l’estate
ormai fuori portata, aspettiamo di questo autore appassionato nuove canzoni. Come
apripista conosciamo intanto le note e la storia di Dammi una mano, brano già presente sulla rete (anche con il video
che possiamo vedere sul canale Youtube di Mimmo Parisi). Per quelli che,
giustamente presi da attacchi di vacanzite acuta, non hanno avuto orecchi ed
occhi per le novità, ricordiamo che Dammi
una mano ha come tema principe, la disabilità. Soprattutto da parte di chi
pensa che il mondo sia un luogo dove starsene senza essere convocati dai
problemi veri.
Mimmo
Parisi, foto Getty Images