"Braccialetti
Rossi" ha trovato grande riscontro tra i giovani, sembra che il velinismo
e il ‘vogliofareilcalciatoreperchèèfigo’ siano stati per un attimo accantonati
per dare all’attenzione argomenti dotati di sicuro spessore. E’ un po’ fantascienza
pensare che questo sia il segno che possa traghettare la fascia d'età tra i 14
e i 33 anni verso un approccio più dignitoso alla vita, tuttavia il film, o
meglio, la fiction che tira adesso è questa. Vedremo. Vale la pena
segnalare che comunque l’aria che si respira su questo set è quella mutuata dai
vari Grandi Fratelli che hanno fatto credere a migliaia di persone che nella
vita basta la faccia tosta e una botta di culo per sfondare, tuttavia tutte le
strade portano a Roma recitava un vecchio adagio, e, se si è dovuto passare
sotto le forche caudine della miseria mediatica dei reality
‘siamotutticapacidifarcazzate’, ben venga anche questo viottolo!
Ambientata
in un ospedale pediatrico pugliese, la fiction di Rai1 dedicata alle
storie di bambini malati di cancro, ha toccato picchi d'ascolto altissimi,
sfondando il muro dei sei milioni di telespettatori. Un successo che sembra
interpretare una vera tendenza: le intense storie dei protagonisti legate alla
malattie e i valori edificanti che li aiutano a superare il dolore di ogni
giorno entusiasmano il pubblico nonostante l'argomento trattato sia così
delicato. Perché il titolo Braccialetti rossi? Perché per
"sopravvivere" alla dura vita dell'ospedale i ragazzi decidono di
formare una sorta di club: chi ne fa parte diventa "amico" con
l'unico scopo di sostenersi e incoraggiarsi. La fiction di Rai1 si inserisce in
un filone già ampiamente trattato negli Stati Uniti da serie come Breaking
Bad e The big C (che parlano di cancro) oltre che dai
più classici ER- Medici in prima linea e Doctor House, ambientati negli
ospedali. A ispirare il format? Il romanzo del catalano Albert Espinosa
(che sta andando a ruba in tutte le edicole a 12 euro), scrittore malato di
cancro per dieci anni, che è riuscito a guarire, trasformando il male in una
grande esperienza.
IL
LIBRO CHE HA ISPIRATO IL FORMAT/ Albert Espinosa ha compiuto un miracolo:
malato di cancro per dieci anni, è riuscito a guarire, trasformando il male in
una grande esperienza. A guardarlo è lui stesso miracoloso, capace di
contagiare gli altri con la propria vitalità. Albert Espinosa racconta nel
libro "Braccialetti rossi" (nelle librerie per Salani e in
edicola con il Corriere della Sera) la propria giovinezza segnata dal tumore:
più di un diario, più di una testimonianza, è una raccolta di tutto ciò che la
sua condizione gli ha insegnato. E non c’è niente di astratto o dolente in
queste pagine, ma la semplice volontà di mettere in pratica tutta la bellezza
di quelle ‘lezioni’: come capire all'improvviso che perdere una parte di sé non
è una sottrazione di vita, ma l’occasione per guadagnarne di più. In ventitré
capitoli, che non a caso vengono chiamati ‘scoperte’, Albert Espinosa mostra
come unire la realtà quotidiana ai sogni più segreti, come trasformare ogni
istante di vita, anche il più cupo, in un momento di gioia.
LA
TRAMA DEL LIBRO/ L'ambientazione è quella di un ospedale, in cui si
ritrovano alcuni giovani ragazzi di età diversa dagli 11 ai 17 anni, che si
conoscono e formano un vero e proprio gruppo il cui riconoscimento è appunto un
braccialetto rosso al polso, donati loro dal “leader” Leo, che ha collezionato
i braccialetti di tutte le sue operazioni. Ricoverati per motivi differenti,
Leo e Vale hanno entrambi un tumore alla gamba, ma mentre al primo è già stata
amputata, il secondo lotta per prevenirla, entrambi sono infatuati dell'unica
ragazza del gruppo, Cris, che invece è in ospedale perché soffre di anoressia.
Davide, “il bello” ha problemi di cuore, Tony “il furbo” ha avuto un incidente
in moto, ed infine Rocco “l'imprescindibile si ritrova in coma ma gli altri si
rivolgono a lui come cosciente membro del team. Albert Espinosa - Braccialetti
RossiNel loro micro-cosmo impareranno insieme i valori della vita, credendo in
se stessi e nella propria guarigione: vedremo che l'affetto è un elemento
quotidiano che si riscontra soprattutto nelle piccole cose, che la sottrazione
di una parte di sé non è la perdita di se stessi, che se si desidera fermamente
qualcosa e si agisce opportunamente, ciò si creerà grazie alla nostra volontà.
Un'opera estremamente toccante ma che riempie il cuore di speranza ed energia,
quella che spesso hanno i giovani malati.
Il fenomeno televisivo
dell'anno "Braccialetti Rossi" ha trovato grande riscontro tra i
giovani. Affaritaliani.it ne ha parlato con il filosofo e
psicologo Sandro Spinsanti, responsabile del comitato scientifico del
Festival del Saper Vivere che prenderà il via il prossimo ottobre.
L'INTERVISTA
Il filosofo e psicologo
Sandro Spinsanti, responsabile del comitato scientifico del Festival
del Saper Vivere che prenderà il via il prossimo ottobre, spiega in
esclusiva ad Affari che la tv è di fronte a una svolta:
preferisce il pathos all'eros. E rivela: "I social network hanno reso i
giovani più sensibili".
Il fatto che un programma
come Braccialetti Rossi abbia conquistato una vastissima platea soprattutto
di giovani è il segno che qualcosa sta cambiando nella cultura?
"Il cambiamento non è di oggi. E' una svolta lenta di cui la tv è testimone dai tempi del successo di serie tv americane come E.R. o Dr. House, tutte ambientate negli ospedali. Ora anche dal boom di audience della fiction italiana Braccialetti Rossi si evince che temi apparentemente lontani dall'intrattenimento attraggono sempre più il grande pubblico".
I protagonisti sono malati
di cancro...
"Proprio questo è l'elemento interessante. Fino a non molto tempo fa non solo non se ne parlava se non in sedi specialistiche, ma il cancro era un tabù assoluto. E' stato sdoganato da due serie tv tra le più affascinanti del panorama statunitense, Breaking bad e The big C, che hanno affrontato senza remore il tema del cambiamento che la patologia oncologica porta nella vita della persona".
Come mai?
"Credo che la televisione manifesti il bisogno sociale di diffondere vissuti di 'pathos', che ha una capcità attrattiva non minore dell''eros'".
Immedesimazione, paura,
amore per il prossimo: che cosa genera secondo lei questo interesse verso le
storie di dolore?
"Sì, c'è tutto questo, ma anche la volontà di infrangere tabù e fare della vita l'argomento di una conversazione importante".
I giovani rappresentano la
maggior parte dello share...
"Questa è una sorpresa, ma non è l'unico caso in cui rivelano una sensibilità sorprendente..."
Ma quindi i giovani stanno
cambiando?
"Credo che il discorso si possa ricondurre alla capacità di comunicazione che i giovani sviluppano all'interno dei social network. Il vissuto, le fantasie, le passioni e le paure (insomma la sfera emotiva dei singoli) sono sempre più al centro di uno scambio continuo tra i giovani e questo fa sì che anche le esperienze di patologia e sofferenza diventano oggetto di tante conversazioni, più oggi che ieri. Siamo di fronte a una svolta culturale molto importante da questo punto di vista".
Bene, il giudizio
critico su tutta la faccenda è ovviamente positivo e dedico alcuni magnifici
versi di Luigi Tenco ai piccoli ammalati di tutto il mondo (da ‘Vedrai vedrai’):
“…come fossi
un bambino che ritorna deluso
si lo so che questa non è certo la vita che hai sognato un giorno per noi vedrai, vedrai vedrai che cambierà forse non sarà domani ma un bel giorno cambierà”.
Qui invece qualche verso di Mimmo Parisi, il quale cerca
di riportare a terra l’attenzione degli individui, persi ormai a progettare
cose che non riusciranno probabilmente mai a realizzare (da ‘…Qui ci vorrebbe
John Wayne’):
“Ma quale senso poi ha
Il vento della novità
Mondo ci dai meraviglie
Ma non abbiam meraviglia
Crediamo solo al PIL
Ai falsi miti
Al new deal”
A cura di Diego Romero,
giornalista freelance e blogger
Qui i video di ‘Vedrai
vedrai’
e ‘…Qui ci vorrebbe John Wayne’:
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